A Genova sbarca Pop Society: una grande retrospettiva su Andy Warhol
Genova – Nel febbraio del 1987 muore a New York per complicazioni dopo un’intervento chirurgico Andrew Warhola Jr, conosciuto come Andy Warhol, gigante della Pop art e tra gli artisti più influenti del XX secolo. Figlio di immigrati slovacchi, nato a Pittsburgh, in Pennsylvania il 6 agosto del 1928, Warhol si distingue fin da giovane per un talento improntato verso il disegno e la grafica. Dopo la laurea in arte pubblicitaria nel 1949 si trasferisce a New York per lavoro: il mito ha inizio.
La mostra “Pop Society” omaggia la figura di uno dei più importanti artisti del secolo scorso: colui che ha sdoganato definitivamente l’arte come fenomeno commerciale e di massa, creando icone e diventandone una esso stesso, aprendo (spalancando) definitivamente la porta dell’arte contemporanea, così come la intendiamo oggi.
“Le masse vogliono apparire anticonformiste: ciò significa che l’anticonformismo deve essere prodotto per le masse.”
Curata da Luca Beatrice, grande critico d’arte e curatore torinese, la mostra presenta circa 170 opere tra tele, stampe, disegni, polaroid, sculture, provenienti da musei, collezioni private e pubbliche, italiane e straniere. “Pop Society” si snoda attraverso un percorso tematico che si sviluppa attraverso sei linee conduttrici: le icone, i ritratti, i disegni, il rapporto di Warhol con l’Italia, le polaroid, la comunicazione e la pubblicità.
Le opere sono tante, la qualità è alta, l’allestimento è molto curato.
E ci sono proprio tutti: Marilyn, Mao, Man Ray, Mick Jagger, Agnelli, Armani, i Brillo Boxes, il Dollaro, Liza Minelli, Beuys.. e tanti, tanti altri. L’impressione è di trovarsi ad un party esclusivo e colorato, Ladies and Gentlemen, circondato dalle icone più importanti della seconda metà del secolo scorso. I lavori serigrafici rappresentano ovviamente la maggioranza delle opere esposte, ma l’esibizione copre l’intero arco della vita di Warhol, dai disegni degli anni ’40 (bellissimi per la loro capacità di sintesi e la forza anticipatoria e quasi profetica del periodo successivo della Factory) alle opere tardive degli anni’80 (un’ Ultima Cena realizzata in Italia poche settimane prima della sua morte).
“… Siamo stati in Italia, e tutti mi chiedono in continuazione se sono comunista perchè ho dipinto Mao. Perciò ora dipingo falci e martelli per il comunismo e teschi per il fascismo”.
Alzando gli occhi sopra le opere le citazioni di Warhol ti strappano qualche sorriso, per la loro irriverenza e la loro (apparente) semplicità. Interessante la parte dedicata al rapporto di Warhol con l’Italia (con i ritratti tra gli altri di Sandro Chia e Gianni Agnelli), mentre un’intera sezione è dedicata alle polaroid, oltre 90, con un intrigante allestimento in una sala completamente affrescata. Inoltre, un video di Luca Beatrice racconta con sintesi esaustiva la vita di e le opere di Andy Warhol.
“Fare denaro è un’arte. Lavorare è un’arte. Un buon affare è il massimo di tutte le arti.”
L’arte deve essere consumata come un qualsiasi altro prodotto commerciale.
Sintetizzando all’estremo il pensiero di Warhol si può estrapolare questa frase, e “Pop Society” ci guida appunto all’interno di questa filosofia, con gusto e coerenza, facendoci scoprire o ribadendo ancora una volta la “profonda superficialità” di questo grandissimo artista.
“Non è forse la vita una serie d’immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?